Procrastinare
La procrastinazione nello studio.
Secondo una ricerca del 1992, il 52% degli studenti universitari ha affermato di avere un livello di procrastinazione medio o elevato. Alcune stime parlano addirittura di un 80-95% di studenti universitari che lottano con la procrastinazione.
La migliore capacità di pianificazione e l’adozione di un metodo di studio efficace rendono gli studenti più brillanti immuni dalla procrastinazione.
procrastinare v. tr. [dal lat. procrastinare, der. di crastĭnus, agg. di cras «domani», col pref. pro–1] (io procràstino, ecc.), letter. – Differire, rinviare da un giorno a un altro, dall’oggi al domani, allo scopo di guadagnare tempo o addirittura con l’intenzione di non fare quello che si dovrebbe. (Treccani).
L’essere umano tende a rimandare lo svolgimento dei compiti noiosi, che non gli piacciono, che gli provocano stress o gli fanno pensare di non essere all’altezza ed al contempo tende ad autosabotarsi: quando procrastina oltre che rimandare un’azione che viene percepita come inevitabile, sta male e non gode a pieno delle cose che più gli piacciono.
Difatti il procrastinatore inventa qualsiasi attività pur di non affrontare una decisione o iniziare un’attività che considera sgradevole. Sentirsi occupato lo aiuta a ridurre l’ansia, ma di fatto non sta affrontando il problema, non sta ascoltando il messaggio che il cervello cerca di mandargli.
Per molti psicologi, quindi, la procrastinazione è un meccanismo utilizzato dalla nostra mente per gestire l’ansia che si prova quando dobbiamo iniziare un nuovo compito o assumere una decisione.
La procrastinazione ha una sua ragione evolutiva: l’Homo Sapiens aveva la capacità di pianificare e di immaginare le possibili azioni future e quali di queste gli avrebbero dato le maggiori chances di sopravvivenza quindi la pianificazione è un’abilità pre-verbale, dal punto di vista evolutivo; la procrastinazione rappresenta il mezzo attraverso cui il nostro cervello ci comunica che il nostro piano è sbagliato e ci sabota facendoci fare altro e quindi rimandare.
Nello studio procrastinare è molto frequente: può capitare che una materia nel piano di studio piaccia meno di altre, oppure che il professore con cui si farà l’esame incute timore più degli altri docenti. La paura di fallire si amplifica, lo stress aumenta e diminuisce la voglia di studiare e rinviare l’esame diventa una azione usuale che non porterà a nulla.
Dunque i fattori psicologici che spingono l’uomo a procrastinare sono la paura del fallimento, i dubbi personali, la bassa autostima, il timore, e così via. Quando raggiungiamo degli obiettivi, la fiducia in noi stessi aumenta e ci sentiamo più capaci di affrontare i compiti che ci costano fatica.
Bisogna, quindi, smettere di procrastinare.
Per smettere di procrastinare si potrebbe pensare e alimentare l’idea che il lavoro o il compito da svolgere sia un obbligo incombente e che invece di lavorare potremmo fare moltissime altre cose più piacevoli.
Potremmo prestare più attenzione al pensiero positivo, cercare di trovare l’aspetto che più ci piace del nostro compito e di riconoscere l’opportunità di poter apprendere nuovi modi per svolgere i compiti che ci piacciono meno.
Un modo efficace per smettere di procrastinare è fissare una meta che non richieda troppo sforzo, fissare obiettivi realistici e raggiungibili in modo graduale. La chiave per smettere di procrastinare è pianificare tutte le nostre azioni al fine di portare a termine il nostro compito.
Il luogo in cui svolgiamo i nostri doveri gioca un ruolo fondamentale: creare uno spazio gradevole in modo da poter svolgere i nostri doveri in un luogo in cui ci piace stare, che stimoli la calma, l’ispirazione e la concentrazione è importante. Ovviamente, importante è eliminare ogni forma di distrazione (internet, TV e social) che potrebbero allontanarci dal nostro obiettivo.
Una strategia per smettere di procrastinare è quella messa a punto da Raymond Chandler, autore di decine di gialli e polizieschi. Egli sostiene che nel momento in cui sentiamo l’impulso di svolgere un’attività diversa da quella che dovremmo completare, decidiamo deliberatamente di non fare nulla.
Chandler ogni giorno dedicava 4 ore alla scrittura: in questo lasso di tempo non si sforzava di scrivere, ma allo stesso tempo non faceva niente altro.
“Seguo due semplicissime regole: a) non sono obbligato a scrivere, b) non posso fare niente altro. Il resto viene da sé.”- Raymond Chandler.
Questa strategia funziona egregiamente perché diminuisce le scelte: meno opzioni si hanno a disposizione, più alta è la probabilità di mettersi in azione.